Il matrimonio nell'Antica Roma, parte II
- Angelica
- 20 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Pensate ad una piramide!
Ecco, così era strutturata la famiglia romana, al cui vertice era posto il pater familias, re della casa, sacerdote della religione domestica e titolare dell'autorità su tutti i suoi componenti.
Sicuramente avrete sentito parlare della patria potestas, ossia il potere esercitato dal padre nei confronti dei suoi figli, di cui poteva liberamente disporre sia materialmente che giuridicamente [1].
Meno conosciuta è la c.d. manus, vale a dire l'egemonia del marito sulla moglie, che era regina e matrona della casa, ma pur sempre assoggettata al volere dell'uomo.

Il marito raccoglie nelle sue mani la mano della moglie, Museo delle Terme di Diocleziano, Roma.
Due erano i riti previsti dalla tradizione romana per la costituzione della manus (conventio in manum), la confarreatio [2] e la coemptio [3].
Il primo - più risalente nel tempo e dedicato agli sposi di estrazione più nobile - prendeva il proprio nome dall'offerta sacrificata dai nubendi sull'altare di Giove capitolino [4], una focaccia di farro che veniva successivamente assaggiata e bruciata.
Proprio dalla fiamma che ne scaturiva venivano tratti gli auspici del matrimonio: se si ergeva alta nel cielo, l'unione sarebbe stata felice e prospera; in caso contrario, essa sarebbe stata nefasta.
Naturalmente, anche in questa occasione il formalismo tipico della società romana svolgeva un ruolo preponderante, prescrivendo la pronuncia di frasi solenni ed il compimento di gesti rituali alla presenza di dieci testimoni e con la partecipazione del Pontifex maximum e del flamen Dialis [5].
Espletate queste formalità, le nozze si intendevano celebrate ed aveva inizio il banchetto, al termine del quale venivano consegnate delle piccole focacce di farro.
Evidentemente farraginosa, questa cerimonia lasciò lentamente il posto al secondo rito innanzi menzionato, che, così, vide modificati i propri connotati per essere meglio adattato al rango degli sposi.
Esso, invero, consisteva in una vendita fittizia della sposa sulla falsariga della mancipatio, il negozio giuridico tradizionalmente utilizzato per l'acquisto delle res di maggior valore.
Il padre procedeva alla vendita di sua figlia - che, in tal modo veniva emancipata dalla sua potestà - al futuro marito, che reggeva una bilancia sulla quale poneva il denaro che considerava equivalente al prezzo della donna.
Si badi bene che, a seguito di siffatta cerimonia, la sposa acquisiva il titolo più modesto di uxor e non quello maggiormente prestigioso di matrona, che implicava una posizione sociale ben riconosciuta.
In assenza delle condizioni richieste per la conventio in manum, l'unione coniugale poteva essere considerata realizzata in seguito all'usus, una sorta di usucapione.
Era, cioè, necessario che l'uomo e la donna convivessero un anno come se fossero marito e moglie.
In altri termini, la manus si costituiva a seguito dell'esercizio di fatto ininterrotto dei poteri connessi allo status di marito nei confronti di una donna, perfettamente integrata nella famiglia.
In epoca preclassica, la legislazione matrimoniale così come sinora descritta subì una profonda innovazione, ampliando sempre più il ventaglio di ipotesi di celebrazione del matrimonio senza previa conventio in manum.
In tali casi la donna formalmente non era parte della famiglia dell'uomo e non aveva alcun vincolo di parentela giuridicamente valido con i suoi figli.
La conseguenza più lampante di questa novità era il fondare l'unione sull'affectio coniugalis: sarebbe durata fintanto che i coniugi avessero continuato a condividere il medesimo progetto di vita.
Una volta spostati, marito e moglie davano vita ad una nuova familia proiettata alla procreazione di figli per Roma.
Se siete arrivati fin qui, non potete perdervi la prossima puntata, in cui parleremo delle curiosità della cerimonia nuziale!
[1] La storia romana straripa di casi di vendita dei propri figli da parte del pater familias o di inflizione di severe pene corporali.
[2] Confarreatio, -onis: focaccia di farro.
[3] Coemptio, -onis: acquisto.
[4] Dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), le sue imponenti dimensioni testimoniano l'importanza che esso aveva nella cultura romana.
[5] Sacerdote, inteso quale custode e regolatore del culto.
In copertina:
Nozze Aldobrandini, Autore sconosciuto, età augustea
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